A stagione di caccia che si avvia verso la conclusione, è il momento di dare uno sguardo ampio a quello che è il mondo della ricerca legato alle associazioni e in particolare a Federcaccia, attiva negli ultimi anni da questo punto di vista in tutta Italia. Sono diversi per specie e numerosi gli studi che l’ufficio legato a Federcaccia sta facendo sul territorio nazionale, come giù successo in Lombardia con le apprezzate ricerche sulla cesena e sulla lepre, e hanno tra gli obiettivi quello di difendere l’attività venatoria con dati certi per le aperture e chiusure della caccia e non solo. L’Ufficio studi e ricerche faunistiche e agro ambientali ha lo scopo di effettuare ricerche applicate sulla biologia delle popolazioni di diverse specie di interesse venatorio, sulle tecniche per un loro utilizzo sostenibile e sui metodi di gestione razionale degli habitat naturali ad esse collegati; supportare l’attività delle associazioni federate attraverso specifica consulenza tecnica anche presso le sedi periferiche FidC e l’attività giuridica e legislativa di FidC, sviluppando collaborazioni e partenariati con Università, centri, enti, soggetti privati ed istituzionali nel campo faunistico-venatorio.
L’ufficio di Federcaccia, in particolare, ha ottenuto un prestigioso riconoscimento con una pubblicazione scientifica sul Journal of Wildlife Management, numero di dicembre 2024 sulla ricerca sul beccacino. Questa rivista scientifica americana è da decenni un riferimento per la ricerca applicata alla fauna oggetto di gestione di tutto il mondo. Nel gruppo di lavoro di Federcaccia Nazionale, guidato da Michele Sorrenti con un gruppo di tecnici, al lavoro sul progetto troviamo anche Antonella Labate, responsabile anche dell’ufficio faunistico di Federcaccia Lombardia.
“In particolare -conferma il coordinatore tecnico scientifico Michele Sorrenti- l’articolo dimostra la stabilità generale della popolazione in Italia, sebbene differente tra varie regioni. Questo risultato dimostra la correttezza del coinvolgimento dei cacciatori nella raccolta dati e la loro importanza per determinate specie di difficile conteggio. E’ un risultato importante che ci spinge a proseguire il nostro lavoro e a guardare avanti per esempio sulla quaglia, una ricerca che affronteremo a breve”. “E’ innegabile la soddisfazione del nostro team di ricerca per aver raggiunto questo risultato -piega il vicecoordinatore Daniel Tramontana-. Un lavoro meticoloso, frutto dell’impegno di molti cacciatori e volontari sparsi in diverse Regioni che ci hanno permesso di raccogliere dati su indici di abbondanza nel periodo indagato tra Emilia Romagna, Piemonte, Umbria, Lazio e Marche. Abbiamo messo in relazione questi indici di abbondanza con gli habitat monitorati in questi 12 anni, arrivando ad un risultato non scontato che sarà utilizzato dalla amministrazioni pubbliche nazionali ed europee per garantire un corretto approccio metodologico alla gestione di questa specie. Il mio auspicio è che questo lavoro venga confermato ed esteso ad altre specie oggetto di gestione e piani di conservazione che hanno necessità di dati che solo i cacciatori italiani possono mettere a disposizione”.
La ricerca ha utilizzato i dati dei diari di caccia nei quali i cacciatori-collaboratori hanno segnato un complesso di dati di presenza, ore di caccia, habitat e condizioni di questi. Le elaborazioni statistiche dimostrano una stabilità delle presenze nei 12 anni di studio, con differenze fra le varie regioni.
Leave a Reply