Cacciatore  aggredito spara a Rottweiler. La condanna dei social ignora la verità!

Lo scorso week end a Parabiago un cacciatore ha sparato ad un esemplare femmina di rottweiler di 12 mesi. Questo il dato di cronaca, in riferimento a tutti gli articoli apparsi e alla condanna social che ha colpito anche i nostri canali. Scorrendo in pagina trovate la presa di posizione di Federcaccia Milano Monza e Brianza e del suo Presidente Luca Agnelli, che ci aiuta a comprendere il fatto da un altro punto di vista, dimenticato dai media del Bel Paese, ormai concentrati a fare visualizzazioni e non a capire la verità dei fatti.

“Si è fatto presto a creare il “mostro”. Sono bastati un titolo di giornale e pochi post sui social. Perché giornali e social hanno detto che un cacciatore ha sparato a un cane. Non che un cane abbia aggredito un cacciatore. Quindi la verità è già scritta e la sentenza già emessa.

Se al posto del cacciatore ci fossero stati un bambino o un runner, che storia staremmo leggendo oggi sui giornali? Forse di una persona dilaniata e di un altro “mostro”: del padrone del cane! Perché guai a dire che certe razze possano essere più pericolose e minacciose di altre: oggi ci sono solo “cattivi padroni” di cani tutti buonissimi.

Nessuno ha voglia di minimizzare l’accaduto, le forze dell’ordine hanno fatto i rilievi e chi di dovere stabilirà cosa è effettivamente successo.

Ma ci rivolgiamo alle istituzioni, dalle quali in queste ore sono partiti accorati e autorevoli appelli a che sia fatta giustizia, e chiediamo che sì, sia fatta giustizia, a partire dal rispetto delle norme vigenti, che le stesse istituzioni devono far rispettare.

Perché è ora che si dica che l’accesso ai fondi rustici (i prati e i boschi), tanto degli uomini quanto dei cani, NON è libero, ma disciplinato, e che quella disciplina non si applica ai soli cacciatori, ma a tutti i cittadini.

È ora che si dica che in questo paese, in forza di un ordinanza del Ministero della Salute tuttora vigente, gli unici luoghi dove i cani possono NON essere tenuti al guinzaglio sono le “aree sgambamento cani” delimitate da recinti con tanto di cartelli.

È ora che si dica che nelle aree rurali la vigilanza è assente, con un corpo di Polizia Provinciale che è stato demolito nei numeri, e gli altri enti che si rimbalzano la responsabilità di fare controlli e sanzioni. Perché l’aperta campagna è di tutti quando si tratta di fare i propri comodi, ed è terra di nessuno quando si deve esercitare la propria responsabilità. Che poi di tutti, la campagna è di proprietà privata (sic!) dell’agricoltore che non la recinta, ma è come fosse il capannone dell’azienda, od il cortile di una casa, luoghi nei quali senza permesso, per ora è vietato entrare senza permesso.

In un periodo di emergenza sanitaria, con la Peste Suina Africana di fatto sul territorio della nostra provincia, le ordinanze di Regione Lombardia hanno imposto protocolli di pulizia e disinfezione dei cani dei cacciatori e dei cercatori di funghi; nulla hanno potuto dire ovviamente su chi porta i cani a correre sui suoli agricoli, semplicemente perché la cosa non è consentita a termini di Legge, ma abbondantemente praticata, e tutti quei cani sono potenziali vettori del virus senza alcun controllo.

Anziché cercare facili consensi sparando (ndr) sui cacciatori, sarebbe il caso di cominciare a far rispettare le leggi vigenti.”

Luca Agnelli

Presidente provinciale Federcaccia Milano Monza e Brianza

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